Aria sottile: l’alta quota in montagna

Che piacere andare per sentieri e scoprire le montagne. L’aria frizzante, panorami mozzafiato, ambienti da sogno e sensazioni che durano nel tempo. Orgogliosi di aver raggiunto la cima a cui puntiamo da molto tempo. Siamo nel mondo dei sogni? Possiamo davvero conquistare quelle cime imponenti, territorio di anime coraggiose e paladini dell’avventura? In realtà, vari quattromila sono alla portata di molti, ad esempio alcune cime del Monte Rosa oppure il Gran Paradiso. E nelle Dolomiti? A 3343 metri, la Marmolada ne è la vetta più alta e, sebbene la sua altezza possa sembrare modesta, è opportuno informarsi sugli effetti che l’alta quota ha sull’organismo una volta superati i 3000 metri.

Dopo i tremila metri, infatti, i livelli di ossigeno, nitrogeno e argon si riducono: da questa quota in su, perdiamo circa il 3% dell’ossigeno disponibile nell’aria ogni 300 metri. Alla quota di circa 3800 metri, ogni respiro ottiene circa 2/3 dell’ossigeno che prenderebbe al livello del mare. Questo corrisponde a livelli inferiori di ossigeno nel sangue. Anche se la tolleranza personale all’ipossia (la mancanza di ossigeno) varia a seconda della fisiologia e delle condizioni fisiche, nessuno ne è immune.

Varie ricerche hanno mostrato che l’alta quota estrema (Everest e altre vette himalaiane) può uccidere alcune cellule cerebrali. Anche se le cime dell’Himalaya non sono fonte di ispirazione per voi, è interessante osservare come il cervello umano reagisce quando esposto a tali quote.

Alla fine del 1800 (avete capito bene, il 1800!) il fisiologo Angelo Mosso portò a termine le prime osservazioni dirette degli effetti dell’alta quota sul cervello umano e notò cambiamenti nel gonfiore e nelle pulsazioni: l’Istituto Angelo Mosso esiste tutt’ora al Passo dei Salati, sopra Alagna Valsesia, che continua il suo lavoro. Ricerche analoghe sono state effettuate in tempi più recenti e hanno raggiunto conclusioni simili: sono state infatti riscontrate variazioni in alcune cellule cerebrali di scalatori che si recano sulle alte cime himalaiane. Dovremmo quindi smettere di inseguire mete di questo genere?

È chiaro che ridotte quantità di ossigeno possono interferire con il normale funzionamento delle cellule cerebrali e il mal di montagna (in inglese AMS – acute mountain sickness) può causare danni ai capillari, ma dovete pensare che spedizioni nelle catene himalaiane a quote di 6000 o 7000 metri non si improvvisano, bensì richiedono mesi e mesi di preparazioni. Chi vi partecipa non raggiunge alte quote in fretta, ma gradualmente, camminando per giorni o settimane. Qui, inoltre, esaminiamo gli effetti dell’alta quota su cime intorno ai quattromila metri.

Una regola da tenere bene a mente è quella di raggiungere l’alta quota gradualmente, se possibile. Anche se la funivia fa gola a molti, andare dal livello del mare a 3.500 metri, ad esempio, dovrebbe essere evitato. Date al vostro corpo il tempo di abituarsi alla quota e, se pensate di passare la notte in un rifugio a 3.500 metri, ad esempio, fate qualche puntata in quota prima. Dovreste passarci varie ore e, ove possibile, dormire in quota: solo così potrete vedere gli effetti dell’alta quota su di voi.

Quali sono questi effetti? Prima di tutto una frequenza cardiaca aumentata, proverete stanchezza, mancanza di appetito, nausea, mal di testa, vertigini, spossatezza cronica e fiato corto.

Se i sintomi persistono, dovete scendere immediatamente di quota (almeno 600 metri) e seguite questa regola “salite in alto, dormite in basso”, il che vuole dire andare in quota e poi scendere per dormire, se il vostro corpo è esausto.

Una conseguenza estrema dell’AMS – anche se rara – è quella dell’edema polmonare: questo avviene se si accumula liquido negli alveoli polmonari, portando a difficoltà respiratorie. Se si verificano, occorre scendere di quota e recarsi da un medico il prima possibile.

È molto importante rimanere idratati. Bevete molto, anche se non avete sete: questo vuol dire 3 litri d’acqua e anche più. Il caffè e gli alcolici non valgono, poiché possono portare alla disidratazione. Assicuratevi di mangiare a sufficienza, prediligendo carboidrati complessi come pasta e riso, che vi daranno energia sul lungo termine, e non abbuffatevi di verdure e frutta, che faticherete e digerire.

Fate in modo di dormire bene nelle settimane prima della vostra avventura. Molto probabilmente non dormirete affatto in rifugio, quindi il vostro fisico dev’essere pronto.   

Un vestiario adeguato è essenziale. Dopo i 3,800 metri, la temperatura scende di 3,5 gradi ogni 300 metri. È chiaro che, se a 2000 metri fa molto caldo, non sarà lo stesso più in alto. Vestitevi a strati e portatevi un cambio. Ricordatevi di coprire bene testa e mani e indossate scarponi adatti.

L’intensità dei raggi UV aumenta man mano che salite di quota, quindi non scordate una crema con protezione 50+, da mettere sul viso e le mani o ogni altra parte del corpo esposta.

Persone con bassi livelli di ferro, in particolare le donne, devono fare molta attenzione, poiché il lavoro intenso dei globuli rossi a queste altezze potrebbe voler dire che gli effetti della quota sono ancora più intensi. È consigliabile assumere integratori e tenete sotto controllo il livello di ferro nel sangue.

Facciamo anche molta attenzione ai bambini: sotto l’anno non dovrebbero essere portati oltre ai 1.200 metri. Dopo aver raggiunto un anno, potrete arrivare ai 2.500 metri – evitate, se possibile, funivie che vi mandano in quota velocemente. Prendete il vostro ritmo e camminate con un passo costante.

Cercate di essere rilassati: dopotutto dovreste divertirvi e non soffrire.

Tenendo presente che queste sono solo alcune linee guide, preparatevi con cautela alle vostre escursioni in quota: vi divertirete e apprezzerete paesaggi senza eguali.